STORIA DELLE
DOTTRINE POLITICHE:
DA MACHIAVELLI A
TOCQUEVILLE
Appunti di Francesca Rizzo
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Facoltà: Scienze Politiche
Corso di Laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche
Esame: Storia delle Dottrine Politiche
Docente: Michele Chiaruzzi
A.A. 2022-2023
Tesi
online
A P P U N T I
TesionlineL A NASCIT A DE L L O ST A T O MODE RNO
L a concezione del pensiero politico m oderno af fonda le sue radici nell’antichità, in un percorso di
evoluzione storica variabile che parte dall’af ferm azione dell’ancien regim e per poi concretizzarsi
m aggiorm ente e, attraverso rivoluzioni religiose e sociali, sfociare nei cam pi dell’individualità e poi
dell’universalità dei diritti um ani, istituzioni dem ocratiche, fino ai giorni nostri. T utto com unque ruota
attorno al concetto di ST A T O, tutte le im plicazioni e le prospettive del pensiero politico hanno com e
strum ento di analisi il ruolo centrale dello Stato: m oderna istituzione per eccellenza, sorta in E uropa
dalle ceneri dell’antico ordine m edievale e fondatore, oltre che garante, del nuovo assetto
internazionale concretizzatosi con la pace di W estfalia del 1648 e, conseguentem ente anche delle
relazioni internazionali fra stati stessi. Proprio il m odo in cui gli stati interagiscono tra loro perm ette di
distinguere 3 visioni teoriche:
1. LA SCUO LA REALIST A: nella prospettiva hobbesiana che vede la politica internazionale in
un’ottica conflittuale poiché ciascuno stato è chiam ato a fare i propri interessi in un contesto
anarchico che si caratterizza per dei rapporti di forza tra gli stati stessi
2. LA SCUO LA LIBERALE : di m atrice Kantiana, si oppone alla scuola realista ed è orientata
ad uno scenario di cooperazione tra gli stati. Questo punto di vista af ferm a che bisogna
distaccarsi da ogni istanza assolutistica e invece dotarsi di istituzioni e governi garanti della
legge
3. G RO ZIO : che assum e una posizione m ediana a m età tra la scuola realista e quella liberale in
quanto am m ette l’anarchia in cui gli Stati sono inseriti m a allo stesso tem po l’esistenza di
vincoli volti a evitare i conflitti.
1. NICCOL O’ MACHIA VE L L I
IL CONTE ST O DI A ZIONE
Parlare di Machiavelli equivale a parlare di un’intera stagione politica, contestualm ente al background
politico in cui il suo pensiero stava prendendo form a: collocabile all’interno di un vero e proprio
sistem a di stati, che era il m odello rinascim entale, che vedeva lo sviluppo delle grandi potenze (le
signorie, i ducati, la serenissim a..). Proprio la com plessità degli Stati Italiani costituisce uno snodo
decisivo per l’avvio della diplom azia
Quello originatosi nel 500 è un sistem a con una profonda relazione INTE R NO-E STE R NO; esterno
perché vi è una profonda interazione e dialogo tra potenze, grazie alle figure degli am basciatori,
collocati proprio all’esterno dello spazio politico del paese al quale appartengono e fondatori del corpo
diplom atico.
Anche Machiavelli è stato un abile am basciatore e il suo pensiero in tal senso ha una grandissim a
rilevanza perché tende a intersecare m a contem poraneam ente distanziare la sfera politica da quella
diplom atica. Machiavelli, infatti, pone l’accento sul com pito fondam entale dell’am basciatore, che
deve essere in grado di eseguire suf ficientem ente le dif ficoltà del com pito cui è chiam ato. Alla figura
del politico spetta quindi il com pito di prendere decisioni, all’am basciatore quello di avviare e
concludere il processo, sapendo rappresentare il proprio ruolo sul panoram a politico.
L A NOVIT A ’ DI MACHIA VE L L I
collocare Machiavelli all’inizio della politica m oderna è tanto corretto quanto im preciso. In prim is
perchè è vero che la sua linea di pensiero apre la strada a una nuova visione dell’agire um ano m a allo
stesso tem po:
1) M. si deve com prendere sia proiettandolo in avanti che nel suo proprio contesto
cinquecentesco
2) la m odernità politica di cui si parla ad oggi ruota attorno a problem i e soluzioni che all’epoca
gli erano estranei (m a in un certo senso ecco perché parlare della logica di Machiavelli è un
qualcosa di ancora attuale)
Il carattere rivoluzionario di Machiavelli concerne la sua concezione autonom a della politica,
fissando dei presupposti del pensiero m oderno e distinguendo la politica dalla m orale, dalla religione,
1dal m ito e designandola com e una scienza del tutto autonom a. Infatti colui che entra nell’arena politica
deve essere consapevole che m olto spesso dovrà salvare lo Stato attraverso delle azioni e delle scelte
dram m atiche, dannando l’anim a del politico stesso (questo è l’unico fine che giustifica i m ezzi). Ad
ogni m odo Machiavelli non è un innovatore m orale perché m antiene ben scinti gli ideali di bene e
m ale: il m ale rim ane m ale anche se adoperarlo è necessario alla salvezza dello Stato.
Ma la sua trattazione della politica ha un trasfondo m olto radicato nella visione generale del cosm o e
nella specificità della natura um ana. In particolare Machiavelli ritiene che gli esseri um ani siano di
fatto anim ati da passioni e desideri com uni per tutti allo stesso m odo e questa im m utabilità della
natura um ana giustifica la sua opinione che sia possibile IMIT ARE il com portam ento dei grandi del
passato.
Machiavelli introduce quindi una concezione im portante all’interno della sua visione della politica,
parlando di ANT ROPOL OGIA NE GA T IV A: egli ritiene che l’uom o politico deve PRE SUPPORRE
che gli esseri um ani siano tutti cattivi ed egoisti, incontentabili, bram ano am bizione e cupidigia,
perché le leggi e le istituzioni si im pongano per regolare il com portam ento di queste persone m alvagie.
Se si partisse dall’idea che le persone sono tutte buone, allora la m orale di cui godrebbero,
perm etterebbe loro di poter vivere senza il bisogno di alcun tipo di istituto o norm a che ne regoli le
attività. Ma questa è un'antropologia solo politica e non m etafisica, perché dal canto di Machiavelli la
vita reale è com unque piena di uom ini buoni. E d oltre ad essere NE GA T IV A (vista la concezione che
si ha dell’essere um ano), l’antropologia m achiavellica è anche PE SSIMIST A: l’uom o non è in grado
di soddisfare i propri desideri in politica e ciò lo porta a com m etter e il m ale, che si riversa anche nel
suo agire politico. Strutturalm ente e um anam ente è insuf ficiente per la politica.
L ’uom o, com unque, non è solo m alvagio ed egoista, m a vive a sua volta circondato da egoism o e
m alvagità in un m ondo ostile e indif ferente che non gli perm ette di avere successo. T ale assenza di un
ordine naturale assum e il nom e di fortuna :la convinzione che la storia non segua il disegno
provvidenziale cristiano m a sia un ciclo di accadim enti su cui l’uom o non può avere il controllo
(connotazione negativa). A questa si oppone, invece, la virtù politica (la capacità di conquistare e
m antenere il controllo dello Stato) che m ette gli uom ini nella condizione di uscire dal proprio egoism o
e com piere gesti gloriosi per essere poi ricordati: si tratta di una politica virtuosa che secondo
Machiavelli è l’unica che conta realm ente. Difatti l’uom o politico, possedendo la virtù, possiede anche
la capacità di prendere le decisioni giuste per salvare lo Stato ed è in questo m om ento che elabora due
concezioni:
- la “qualità dei tem pi”, chiedendosi perché alcune azioni a volte vengano portate a term ine e
altre no. Machiavelli risponde af ferm ando che ci sono circostanze che richiedono all’uom o
che agisca rapidam ente, altre in cui è richiesta pazienza e calm a.
- la natura degli uom ini
L a com binazione di questi due elem enti (il riscontr o) perm ette il successo dell’azione politica,
T UT T A VIA il m utare dei tem pi e l’incostanza degli uom ini fa sì che il riscontro non sia determ inabile
a priori. Ciò sostanzialm ente dim ostra che l’agire um ano non è assoluto m a deve fronteggiare diverse
contingenze.
LE O P ERE
I DISCORSI SOPRA L A PRIMA DE CA DI T IT O L IVIO
I discorsi sulla Prim a deca di T ito L ivio nel 1513 è la prim a opera articolata in tre libri in cui espone il
suo pensiero politico attraverso un com m ento dell’opera dello storico tito livio “Ab Urbe Condita”. Il
com m ento m achiavellico ha una finalità propriam ente pratica poichè articola le vicende rom ane alla
condizione della Firenze del tem po, i lim iti della repubblica fiorentina e i m otivi della sua corruzione.
I problem i del presente, infatti, sono dram m atici e vengono m ostrati all’interno dell’opera attraverso
due vie:
1. la crisi della repubblica rom ana che equivale a quella fiorentina, aprendosi sulla questione
della crisi finale del “vivere libero” secondo cui sarebbe necessario usare degli strum enti
politici non consoni pur di evitare che la civiltà sprofondi
2. la tensione tra l’esem plarità della politica degli antichi e l’im possibilità di attuarla nel contesto
presente in quanto al cam biam ento della form a politica (determ ina instabilità)
2Machiavelli si dom anda perchè esista una certa pluralità di form e politiche e riconosce che dietro
ognuna di queste form e vi sono quelli che chiam a UM O RI (ossia due classi che abbiano desideri e
am bizioni confliggenti). Ciascuno di essi può dare vita a UNA SOLA form a politica che se buona, è
breve, se è cattiva, è instabile.
PRINCIPE (buono) → T IRANNO (cattivo) → sconfitto da- OT T IMA T I (buoni) → che diventano-
OL IGARGHI (cattivi) → abbattuti da- RE PUBBL ICA POPOL ARE (buona) → L ICE NZ IOSA
(cattiva) → PRINCIPE e nuovo inizio del ciclo
-Questa visione ciclica mostra la fragilità degli or ganismi politici sottoposti a questa logica di costante mutamento oltre che il
movimento circolare delle forme politiche, composto da crisi e cadute, è un monito sul piano internazionale per gli stati vicini
a imporre la propria potenza (che poi è il vero fine ultimo della politica stessa)-
Ma se i singoli um ori che creano form e politiche pure, generano instabilità, qual è una soluzione?
Molti pensatori hanno af ferm ato che si potrebbero adottare degli assetti politici m isti che eviterebbe il
passaggio da una form a all’altra di governo. In quest’ottica il conflitto (quindi la disunione politica)
non è visto in chiave negativa, quanto piuttosto positiva poichè perm ette la form azione di altra
politica. A Rom a infatti il conflitto fu portato nella dim ensione pubblica e tenuto sotto controllo dal
tribunato della plebe, il cui com pito era quello di tenere a freno la nobiltà e rappresentare i plebei. I
Grandi, infatti, sono m ossi dal desiderio e dalla bram osia di dom inare, il popolo vuole solo non essere
dom inato, avendo m aggiore volontà di vivere liberi. Il conflitto diviene pericoloso solo quando le
leggi ordinarie si dim ostrano incapaci di contenere le am bizioni di una classe.
Per Machiavelli dunque, l’opera dell’uom o politico virtuoso deve consistere nel prendere il potere e
dare leggi buone in m odo da garantire nuovam ente la libertà di tutti i cittadini all’interno dello Stato.
Nonostante ciò si tratta di un ideale dif ficilissim o da realizzare perchè presuppone avere un fine buono
(che è il bene com une) utilizzando m ezzi m alvagi. Perciò M. vuole plasm are un uom o politico nuovo.
L ’IDE AL E DE L L A RE PUBBL ICA
Nella sua concezione dello Stato, Machiavelli conviene nel definire che questo deve poggiare su alcuni
pilastri essenziali: leggi, religione e m ilizia e per questo discute spesso della religione, insiste sulle
leggi e pone al centro il suo pensiero riguardo la m ilizia.
In m erito alla m ilizia, in particolar m odo, ricorda che il R UOLO CE NTR A LE DE LLA P OLITICA
CONSISTE NE L P OTE R E E NE LLA GLOR IA . Si tratta di una questione rilevante da tenere a m ente
perchè seppur Machivelli sia convinto che il popolo debba essere arm ato, si rende anche conto che
questa condizione farebbe nascere tum ulti interni. m a elim inare i tum ulti disarm ando il popolo
significherebbe ugualm ente elim inare la potenza m ilitare della repubblica e le sue am bizioni di gloria.
Nuovam ente si rim arca l’im portanza del conflitto nella sua linea di pensiero.
In m erito alla religione, invece, seppur Machiavelli la ritenga strum entale perchè legata alla politica in
quanto garante di obbedienza (lega individuo-Stato), è com unque m olto duro nei confronti della
Chiesa accusata di aver condotto l’italia alla rovina. Spesso l’astio si allar ga anche al cristianesim o in
senso am pio poichè sostiuisce all’am ore per la grandezza, questioni quali l’um iltà e la passività che
non sono adatti alla politica m a essenzialm ente privati.
IL PRINCIPE
Nella sua opera “Il Principe” Machiavelli continua l’analisi iniziata già nei discorsi e si focalizza sul
principato che, assiem e alla Repubblica, costituisce la form a m igliore di governare. Machiavelli crea
la figura del Principe com e un uom o che detiene la capacità dell’agire politico, colui che prende il
potere ed è in grado di preservarlo nelle proprie m ani. Ma facendo ciò non deve divenire T iranno e
trascendere nella tirannide! Difatti Machiavelli scinde il governo politico che ha il com pito di
acquisire potenza e gloria per il benessere generale, rispetto al governo tirannico che agisce per i
propri esclusivi interessi. E cco che il rapporto tra Principe e sudditi risulta essere essenziale: deve
essere evitato l’odio e il disprezzo nei confronti della figura del Principe, instaurando invece un
vincolo di obbedienza basato sull’accortezza e la forza.
L ’attività di governo deve seguire due m etodi paralleli nell’ideale m achiavellico:
1. GOVE RNARE CON L A L E GGE SI RIF A AGL I UOMINI
32. GOVE RNARE CON L A FORZ A SI RIF A AGL I ANIMAL I (L E BE ST IE )
Spesso infatti non è suf ficiente che agli uom ini vengano im poste delle leggi perchè in alcuni casi il
principe deve saper usare la forza bruta (essere golpe e leone).
Per Machiavelli esistono due concezioni di m orale:
1. la m orale del sovrano, di una persona giudicata in base al successo o all’insuccesso politico
2. la m orale del cittadino, giudicata attraverso la m orale classica
Il principe sem bra quindi avere una m orale propria che lo pone su un piano più alto rispetto alla
m orale classica
E RASMO DA ROT T E RDAM
1. P ACE E D E V ANGE L ISMO POL IT ICO
Con lo sviluppo dei principi dell’um anesim o, in E uropa anche la politica viene intaccata e iniziano a
svilupparsi filoni di pensiero diver genti rispetto alla visione precedente portata avanti da Machiavelli.
Fra tutti a opporti al suo neopaganesim o va ricordata la m issione pacifista ed evangelica della politica
di E rasm o da Rotterdam che dom inò la scena culturale fino allo scoppio della riform a luterana.
L a sua fu una chiave di lettura che m olto aveva a che fare con i valori cristiani e con Dio. In particolar
m odo la logica di insensibilità al m essaggio divino lo spinse a form ulare una critica della società e
dello Stato, proponendo a sua volta una sorta di r enovatio dei valori del tem po. L a sua concezione
valoriale prende piede attraverso la citazione dei cosidetti SIL E NI: delle statuette di legno che, se
chiuse, hanno un aspetto deform e, m entre aperte m ostrano qualcosa di bello e divino. Attraverso
questa m etafora, E rasm o spiega la necessità di guardare più in là delle apparenze. Produce quindi un
elogio alla povertà e all’um iltà e attacca invece i valori decaduti della nobiltà che orm ai è passata al
servizio di un potere tirannico, il sacerdozio che non è più garante della m issione originaria.
Il culm ine dei valori unitari cristiani risponde alla volontà di creare una politica evangelica che ripudia
a tutti i costi la guerra in quanto considerata em blem a del m ale radicale. L a guerra giusta per E rasm o
NON esiste. Si tratta di un concetto da com battere perchè gli orrori di cui si fa portavoce la guerra
stessa vanno ad intaccare persino i valori sociali irrim ediabilm ente. Per questo E rasm o risponde
negativam ente alla possibilità di un collegam ento tra guerra e cristianesim o. Pone inoltre un accento in
tal senso sia sulla presunta riparazione tra privati che tra stati: se tra privati si punisce il singolo per
salvaguardare la collettvità, nella diatriba tra stati si parla di una guerra voluta da un singolo (il
principe) m a che viene subito anche dal popolo. Un principe quindi deve prim a utilizzare qualsiasi
m ezzo utile per poter evitare di sfociare nel com battim ento.
Nell’opera del 1516 “Institutio principis christiani” E rasm o illustra i com andam enti che un principe
cristiano deve tenere per governare. Alla sua epoca si poteva giungere al principato non attraverso le
elezioni m a solo per nascita quindi si può influire sulla politica solo attraverso un’operazione
pedagogica sull’uom o di politica.
1. In prim is il principe va legittim ato: è tale per consenso non tanto del sio stato di re (che è un
titolo acquisito alla nascita) m a del popolo che gli concede il potere e glielo può anche
togliere. Non teorizza un patto esplicito m a im plicito, basato sulla consapevolezza del sovrano
che sa che sul suo esercizio di potere grava il giudizio degli uom ini e di Dio.
2. Il principe deve perseguire il benessere com une, essendo capace di servire lo Stato senza
im poverire il popolo, essere cristiano non solo a parole m a con fare operoso e retto.
3. la com unità non è di suo dom inio personale e privato m a è di proprietà dei sudditi e m ai di chi
regna.
L IBE RO ARBIT RIO-
T OMMASO MORO
Accanto al clim a europeo lo scenario inglese tanto diverso nel contesto storico e politico m erita una
parentesi particolare soprattutto nell’af ferm azione di un pensiero dif ferente e radicato nella tradizione
utopistica con personaggi del calibro di Harrington m a, ancor di più, Moro.
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